16 Mag Gas serra: Italia in linea con gli obiettivi di riduzione
ISPRA, l’Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente, ha pubblicato “l’Inventario nazionale delle emissioni 1990–2016 e le proiezioni di gas serra al 2030”, come previsto in attuazione degli accordi internazionali sul clima scaturiti da Cop21 a Parigi nel 2015 e proseguiti poi nei successivi appuntamenti.
L’Inventario è il frutto di un complesso lavoro di analisi ed elaborazione di dati da fonti diverse, un classico strumento di monitoraggio di una policy: l’Italia in questo verifica se sta rispettando gli obiettivi definiti negli accordi e li comunica ai suoi partner.
Il gruppo di lavoro elabora ogni anno misure e stime dei principali “gas serra” (prima di tutto l’anidride carbonica), emessi dalle varie fonti di inquinamento: produzione di energia, industria, trasporti, agricoltura, servizi, attività civili e domestiche, gestione dei rifiuti.
L’Inventario analizza soprattutto le emissioni di anidride carbonica (CO2), principale “gas serra” e responsabile più di altri delle alterazioni climatiche in atto (81,9%), ma considera anche altri inquinanti: metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi. Al tempo stesso analizza la quantità di gas serra che annualmente vengono assorbiti da terreni, colture e foreste. La strategia di Parigi infatti si propone di raggiungere l’obiettivo di contenimento dell’aumento delle temperature sia riducendo le emissioni di gas serra che aumentando la capacità della biosfera di assorbire anidride carbonica. Occorre quindi monitorare entrambe queste attività.
I diversi accordi internazionali e la strategia europea di attuazione attribuiscono all’Italia l’obiettivo di ridurre i gas serra del 20% rispetto alle emissioni del 1990, entroil 2020. Così l’Inventario consente di leggere la tendenza delle emissioni dall’anno di inizio delle stime fino al 2016, indicando così la tendenza del nostro paese a centrare per tempo l’obiettivo. A che punto siamo?
In Italia, per il 2017, le prime stime delle emissioni mostrano una diminuzione pari allo 0,3%, a fronte di un incremento del Pil pari a 1,5%, che conferma il disaccoppiamento in Italia tra la crescita economica e le emissioni di gas serra. Tale andamento sembra confermato anche nel primo trimestre del 2018. Venendo all’Inventario di ISPRA, le emissioni totali di gas serra (senza considerare gli assorbimenti) sono diminuite in Italia del 17,5% dal 1990 al 2016, passando da 518 a 428 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente. Una buona notizia quindi, che sembra rendere l’obiettivo del 20% raggiungibile nei prossimi anni con facilità. Diminuisce molto l’emissione di CO2 (-20,4%), meno quella di metano (-11,1%), e molto di ossido di azoto (-32,1%) mentre crescono (+3,4%) gli altri gas serra (clorofluoricarburi).
La notizia è solo in parte positiva. L’andamento delle emissioni infatti è discontinuo durante i 26 anni considerati. Il totale delle emissioni aumenta dal 1990 al 2005, diminuisce dal 2005 al 2014, risale nel 2015 e riscende nel 2016. Un ruolo importante nella riduzione di emissioni nel periodo sembra avere avuto quindi la crisi economica del 2008-2013, più che le misure di riduzione degli inquinanti a parità di prodotto interno lordo. Occorrerà quindi vedere cosa sa accadendo in questi due ultimi anni, 2017 e 2018. Se infatti la riduzione delle emissioni si avvia nel 2005, il fenomeno può essere riconducibile sia alla crisi economica ma anche all’avvio delle politiche europee per efficienza energetica e conversione alle fonti rinnovabili e all’uso del metano.
Interessante invece analizzare i dati per singoli settori economici. Il settore degli usi energetici ha ridotto le emissioni del 18,2%, con riduzioni importanti nella produzione di energia elettrica (grazie a fonti rinnovabili e riduzione di carbone e petrolio) ma aumenti nel settore complessivo dei trasporti e riduzioni modeste nei consumi finali domestici.
Anche il settore della produzione industriale presenta buoni risultati con un -20,7% nel periodo esaminato, grazie soprattutto a una contrazione delle produzioni chimiche e di minerali e metalli e alla riduzione del settore costruzioni. La curva di riduzione delle emissioni nei processi industriali e delle costruzioni è quella più costante nel tempo, come se la riduzione fosse collegata di più all’innovazione e ai cambiamenti di processo (si passa da 93 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti a 48, con una curva in costante diminuzione).
Il settore agricolo riduce le emissioni, soprattutto di metano più che di anidride carbonica. Sembra quindi di poter concludere che mentre nei processi industriali e di produzione di energia elettrica si sono fatti passi avanti, molto resta da fare nel settore dei trasporti (passati da 100 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti a 103 nel periodo) e nel settore domestico (passati da 55 a 48).
Il settore dei trasporti in particolar modo vede diminuire le emissioni rilevate su strada (grazie ai nuovi motori) e dai mezzi nautici, mentre aumentano quelle della mobilità aerea, che nel periodo ha quasi raddoppiato il numero di passeggeri e la quantità di combustibile usata. Decrescono le emissioni del trasporto marittimo.
Le emissioni dalla gestione dei rifiuti sono aumentate del 5,6% a causa soprattutto delle discariche, mentre quelle da incenerimento sono diminuite e hanno una rilevanza bassissima (siamo passati da 17 milioni di tonnellate a 18). Il settore contribuisce per il 4,3% al totale delle emissioni climalteranti, soprattutto per le discariche (circa 13 milioni di tonnellate) e la gestione dei fanghi di depurazione (circa 4 milioni di tonnellate).
La capacità di assorbimento della biosfera è aumentata nel periodo, attestandosi su una capacità pari a 30-35 milioni di tonnellate, inferiore quindi a 10% del totale delle emissioni.
Insomma, ISPRA, con la consueta autorevolezza, ci dice che siamo vicini al raggiungimento dell’obiettivo di ridurre le emissioni serra assegnato all’Italia a livello internazionale, ma che andranno rafforzate le politiche di sostegno alla conversione energetica nell’attuale fase di ripresa economica, che rischia altrimenti di far tornare il sistema ad aumentare le emissioni in questi anni. In particolar modo occorre mettere mano a una politica forte nel settore dei trasporti, lavorando non solo sulle tecnologie dei motori ma anche sulla riduzione dell’automobile, lo sviluppo dei servizi pubblici e la conversione alla trazione elettrica.