18 Mar Devastare le foreste favorisce le pandemie
Tutte le pratiche tese alla massima resa dei terreni agricoli impoveriscono le difese naturali degli ecosistemi. Ad esempio, il cambiamento climatico è un incubatore perfetto per le uova delle zanzare anofeli, che si riproducono oggi a ritmi impressionanti, colonizzando regioni che mai avevano conosciuto prima i deliri della malaria. Lo stesso accade con l’Aedes aegypti, la zanzara che trasmette dengue e febbre gialla, che, già da qualche anno, si spinge fino a oltre i 1300 metri in Costa Rica e, addirittura ai duemila in Colombia, Uganda, Kenya, Etiopia e Ruanda.
Basterebbe infatti ridurre l’intensità e il livello di quelle attività distruttive per gli ecosistemi per ridurre, di conseguenza, i rischi di pandemie e, anzi, irrobustire le nostre difese. Purtroppo, però, nonostante esistano modelli di previsione dell’insorgenza di epidemie abbastanza precisi, a questi studi non vengono dedicate risorse in tempo di pace, salvo poi rimpiangerlo quando le malattie scoppiano. Fermare la distruzione degli habitat naturali comporta una revisione del nostro modello di sviluppo, solo che stavolta a indicarla non sono i soliti ambientalisti, ma i medici.