14 Nov La ‘Canzone del sole’ di Battisti è un manifesto ambientale?
Pietra miliare della musica leggera italiana, La Canzone del Sole di Lucio Battisti è un vero e proprio pezzo del patrimonio culturale italiano, qualcosa che appartiene a ciascuno di noi e ci accompagna da sempre nell’arco della nostra vita, che si tratti del primo approccio con una chitarra o di uno spensierato picnic estivo con gli amici. Pubblicata nel novembre del 1971, con un meraviglioso testo scritto da Mogol e in parte autobiografico, il brano immagina un nuovo incontro con quello che un tempo era stato un amore giovanile, raccontando il naturale cambiamento a cui la vita ci chiama. La Canzone del Sole, però, è anche tra i brani più spesso considerati evocativi per quanto riguarda le tematiche ambientali. Lo si può intuire sin dalla cover del disco, realizzata dal fotografo Cesare Montalbetti. Sulla copertina si vede Lucio Battisti camminare attraverso un prato verde, con in mano una valigetta e in bocca una margherita, per richiamare proprio un verso del testo. “Le biciclette abbandonate sopra il prato e poi noi due distesi all’ombra. Un fiore in bocca può servire, sai, più allegro tutto sembra”. La Natura, nel testo, è metafora di purezza ed innocenza, di un amore tenero e adolescenziale che è ancora scoperta e non certo malizia. Il brano, come ha raccontato Mogol, è ispirato ad un’amica di infanzia che l’autore ha conosciuto durante le vacanze estive in una località marittima abruzzese. Ne La Canzone del Sole, immagina di rincontrare la stessa ragazza dopo qualche anno, quando, ormai donna, ha vissuto le sue esperienze. Le esitazioni e la spontaneità del passato sono ormai lontane. Il ritornello, che ha reso celebre ed immortale la bellezza de La Canzone del Sole, racconta il senso di smarrimento del ragazzo di fronte all’inevitabile passare del tempo, che rende entrambi diversi da ciò che erano. “Oh, mare nero, mare nero, mare nero. Tu eri chiaro e trasparente come me”. Un’immagine forte che, oltre a richiamare il percorso di maturità e di disincanto che ognuno di noi affronta intimamente, sembra evocare qualcosa che ha a che fare con l’ambiente, elemento dichiaratamente ricorrente nell’intero brano. “Il mare nero, che non era nero, ma sicuramente molto meno nero di quello che è oggi”, ha raccontato recentemente Mogol in un’intervista per La Repubblica, “è una piccola traccia di inquinamento, magari qualcosa vista sulla spiaggia. Per me è stata una ferita, è stata la mia sofferenza e probabilmente non era solo la mia. Per me è stata una sofferenza grandissima. Io cerco di riallacciarmi sempre alla vita, sono uno che fa cronaca di vita”.