La materia del recupero

La materia del recupero

Quasi nove decimi dei rifiuti italiani sono fuori dalla luce dei riflettori: informazioni poco chiare o contrastanti, dati che non tornano pienamente, procedure farraginose, mancata attenzione da parte delle istituzioni e degli stessi cittadini. Eppure, in questa montagna di scarti, l’economia italiana ed europea potrebbe trovare una nuova miniera e un nuovo modo di funzionamento. Secondo lo Short Report Materia Rinnovata, l’economia circolare potrebbe valere un aumento del 7 per cento del PIL europeo. In altre parole, produrre servendosi soprattutto di scarti e materie usate può dare ben 600 miliardi di euro di risparmi l’anno per i settori produttivi, 580 mila nuovi posti di lavoro, un taglio dal 2 al 4 per cento delle emissioni di gas serra in atmosfera. Tuttavia, per lanciare quell’economia circolare su cui sta puntando l’Europa occorre localizzare questi nuovi giacimenti di materie riutilizzabili. In Italia, il sistema produttivo ha un input complessivo di 560 milioni di tonnellate annue di materia prima (dato 2012) e un output che negli ultimi anni oscilla attorno ai 160 milioni di rifiuti totali. “Ci sono quindi 400 milioni di tonnellate di materia che possono riapparire sotto forma di prodotti – si legge nel rapporto- oppure evaporare (fisicamente o metaforicamente) durante i processi di lavorazione, di consumo, di trasporto. Una vera e propria miniera di materie prime a cui ancora difficilmente si attinge o addirittura si pensa”. I conti sulla visibilità effettiva dei rifiuti sono presto fatti. Delle totali 161 milioni di tonnellate censite, si conoscono molto bene alcuni dati importanti: i rifiuti urbani sono circa 30 milioni di tonnellate, di cui più o meno il 40% viene raccolto in maniera differenziata e avviato al riciclo. Di fatto, la differenziata urbana raccoglie solo imballaggi (carta, plastica, alluminio) e parte organica. Poi ci sono filiere produttive virtuose che operano nel campo dei cosiddetti speciali, cioè gli scarti industriali, in cui i conti sono chiari: pneumatici, batterie, RAEE, olii minerali e vegetali. Ma a mancare all’appello sono certezze su una grandissima mole di materia da riutilizzare, in primo luogo su organico e materiali edili.

(Fonte: La Stampa.it)